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Temptation Island e la tv alla deriva

Temptation Island e la tv alla deriva

27 Luglio 2016 0 Di Angela Bovino

Gli appassionati degli amori (degli altri) fibrillano in attesa dell’ultima puntata del reality sul tradimento di Canale 5. Temptation Island alla sua terza edizione si conferma programma più visto del prime time battendo – tra gli altri – Super Quark. Ci dobbiamo rassegnare?

La Rai probabilmente no (e non nel senso che sperate) visto che, oltre a Temptation Island, ha in preparazione un nuovo show di dating, Smartlove, per il quale sono in corso i casting dei concorrenti e che andrà in onda su Rai 4.

Anche se si tratterà sicuramente di qualcosa di più soft, una mera riedizione del classico gioco delle coppie, andrà a incrementare comunque il filone – inesauribile a quanto pare – della ricerca del finto vero amore in tutte le sue sfaccettature.

Temptation island ultima puntata della terza serie stasera su Canale 5

A programmi come Temtation Island noi telespettatori ci dobbiamo rassegnare. Perché gli ascolti dimostrano che, in molti  è questo che desiderano guardare. E non basta guardare! Si commenta su Facebook e su Twitter (quasi ventimila follower per la pagina ufficiale) e ci si appassiona ad un plot semplice come da prammatica: lui, lei e l’altra/o.

Ora non c’è bisogno di scomodare le tragedie scespiriane o i romanzi d’appendice per capire che abbiamo “bisogno” di guardare gli altri per capire noi stessi. Le neuroscienze ci insegnano come funzioniamo: sono i neuroni specchio, di recente ed italiana scoperta, che ci consentono entrando in empatia con i nostri simili, di capire le emozioni che sta vivendo un’altra persona e – in ultima analisi – di capire noi stessi.

E mentre questo concetto Super Quark ce lo spiega scientificamente un programma come Temptation island lo mette in scena e permette allo spettatore di immedesimarsi nelle storie “vissute”.

Ma… c’è un ma che ci fa stare in guardia (anche se non serve a nulla) ed è ciò che lo rende trash: il fatto che non di vere storie vissute si tratta ma di storie “fatte vivere” e pur sapendo che i protagonisti sono solo verosimili comunque tre milioni di spettatori ne seguono le vicende.

La domanda da psicopatologia televisiva è semplice: perché? Perché continuiamo a guardare i reality pur sapendo che sono irreali? E – soprattutto – perché tanti davvero ne discutono e davvero ne fanno parte come se fosse la realtà?

A mostrarci abilmente i “meccanismi dell’inganno” dei reality show è stata di recente la bella serie americana (trasmessa proprio su Rai 4) “Unreal” nella quale la protagonista doveva brigare non poco per manipolare i concorrenti al fine di ottenere il risultato desiderato.

E’ indubbio che molti telespettatori sono perfettamente consapevoli dell’inganno e godono proprio nello “staccare” il cervello fin troppo sollecitato dalla realtà, ma la preoccupazione è che lo spirito critico a furia di essere annebbiato finisca con l’annichilirsi e che – per dirla con Augè – si finisca per vivere in un regime di “finzionalizzazione totale e diffusa” (oggi diremmo virtuale) in cui – altro che empatia! – si incoraggia il ripiegamento del pensiero critico e in sintesi la regressione filosofica. Lo so…la facciamo difficile! Buona visione…

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