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Arriva dalla Quarta sponda la nuova minaccia jihadista di Isis/Daiish

Arriva dalla Quarta sponda la nuova minaccia jihadista di Isis/Daiish

29 Novembre 2021 0 Di Corrado Corradi

Alcune riflessioni sulla minaccia jihadista costituita da isis/Daiish, che si è trasferita nel nord Africa e in Sahelo-Sahara e minaccia anche l’Italia.

Arriva dalla Quarta sponda la nuova minaccia jihadista di Isis/Daiish

Oltre un anno fa, Italia Notizie 24, fa con un articolo intitolato: “Sahelo-Sahara: è qui la nuova base del jihad islamico”, relazionava sull’incistamento di una neo-ISIS/DAIISH nel Sahel-Sahara. Ed ecco che adesso l’argomento monta all’attenzione dei media dopo che il COPASIR, il nostro Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, ha lanciato l’allarme con una dichiarazione ripresa da Formiche.net: “Il Sahel è l’area di maggiore espansione del terrorismo islamico, dopo la caduta di Kabul, terra di conquista dello jihadismo”.

Proviamo a focalizzate l’attenzione sul rischio che ne deriva e che tanto ci preoccupa e vediamo di avanzare qualche previsione/ipotesi.

Memento:

Isis/Diish = Islamic State of Iraq and Syria é la versione inglese di DAIISH, ossia Dawliya Arabiya Islamiya fi Iraq wa Shamm (internazionale arabo islamica nell’Iraq e nello Sham)
Shamm = regione storica comprendente nord Iraq e sud Siria).

Punto primo: attenzione a Isis/Daiish sulla “quarta sponda”

Le potenzialità operative, il disegno strategico, i canali di approvvigionamento in uomini, mezzi e materiali, e i canali di finanziamento (spesso opportunamente dissimulati dietro organizzazioni non governative islamiche di beneficenza), ci inducono a guardare con preoccupazione la presenza di ISIS/DAIISH nel ridosso sud della nostra ex “quarta sponda” (Libia-Tunisia)

E questa sponda va attentamente controllata, perché rischia di diventare il “sorgitore primario” per azioni contro il nostro Paese anche in relazione con l’attività degli scafisti e delle navi ONG, le quali, senza averne probabilmente esatta contezza, sono suscettibili di diventare i “sorgitori secondari” di un qualsiasi gruppo jihadista intenzionato a condurre un attacco a fuoco contro i bagnanti di una spiaggia (come avvenuto in quella tunisina di Sousse nell’estate del 2015) oppure contro un approdo portuale, oppure contro un villaggio turistico.

Precisazione:
SORGITORE = termine militare con il quale si indica la base di partenza di un nucleo di sabotatori, in questo caso le coste della Libia e della Tunisia diventerebbero “sorgitori primari” mentre le navi delle ONG diventerebbero i “sorgitori secondari”.

Questione di seminare terrore allo scopo di:

  1. Marcare il territorio e non farsi dimenticare (ciò fa presupporre una ripetitività delle azioni);
  2. Tenere sul chi vive l’odiato infedele, noi, inducendolo ad un dispendioso sforzo di Security;
  3. «Rinforzire il fiele amaro», (uso un termine dannunziano) del revanscismo e rinverdire l’orgoglio dell’Islamismo militante.

Punto secondo: occhio all’Islam intollerante

L’Islam “integralista” o “radicale” o, meglio ancora “intollerante” (secondo l’azzeccata definizione del sovrano marocchino Mohammed VI, re di un paese che non lesina risorse per contrastarlo), è incardinato in Arabia Saudita e nel Qatar (ma anche nella Turchia del fratello musulmano Erdogan), può contare su organizzazioni come quella dei “Fratelli musulmani” e su una rete di media che fa capo alla tv catariota “El-Jazira”, e ha pretese universali ed esprime quindi una vigorosa spinta ideologica saldata con quella religiosa.

Memento:
Il Qatar é la nazione «sponsor» ufficiale della setta dei Fratelli Musulmani, un movimento integralista islamico che persegue la pedissequa applicazione della Shari’a, porta avanti istanze politiche, soprattutto in Europa, a sostegno dell’attivismo operativo dei gruppi islamisti dediti alla Da’wa e al jihad.

Quell’Islam che abbiamo definito “intollerante” alimenta tre azioni:

  • l’azione politica, promuovendo l’inserimento di partiti islamisti nelle dinamiche dei vari paesi europei e arabi;
  • l’azione di condizionamento religioso tramite la “Da’wa” all’indirizzo delle numerose comunità musulmane inserite nei paesi europei e in quei paesi del mondo arabo che non praticano l’slam integralista come Allah comanda;
  • l’azione armata, ossia il jihad, ed é in tale contesto che si situa ISIS/DAIISH.

Memento:

Da’wa = predicazione pertinace mirata a mantenere elevata la fede musulmana. Fa leva soprattutto e insiste sui torti subiti dal mondo arabo islamico; sulla continua messa in mora degli infedeli, noi; sul forte complesso di superiorità morale a fronte di una civiltà, la nostra, ritenuta indegna.

Se è vero, com’è vero, che uno dei fattori più importanti di un’azione militare è la determinazione, ebbene, gli integralisti islamici non ne difettano.

Punto terzo: Isis/Daiish potrebbe essere un effetto collaterale del business dell’energia

ISIS/DAIISH, sorto quasi all’improvviso, guarda caso proprio a seguito del diniego della Siria al passaggio sul proprio territorio di una pipe-line di gas Qatarino verso la Turchia, secondo alcuni osservatori potrebbe anche essere un effetto collaterale e probabilmente imprevisto del business dell’energia.

È evidente tuttavia che anche se si trattasse di un “effetto collaterale”, questo è dilagato e, a naso, mi sembra destinato a procrastinarsi almeno fino a quando i principali attori (in primo luogo gli stati del Golfo e la setta dei Fratelli musulmani che patrocinano l’Islam “intollerante” politico, predicante e armato) non saranno riusciti non solo a risolvere il banale problema di una pipe-line negata ma soprattutto a realizzare il loro obiettivo strategico che prevede il doppio “lebensraum” religioso:

  • in primis in direzione di quei paesi del mondo arabo-islamico del Mashrek e del Maghreb da “re-islamizzare” in quanto l’Islam ivi professato è considerato troppo annacquato dalla speculazione Sufi antitetica all’Islam della Fratellanza musulmana: a questo miravano le cosiddette Primavere arabe che hanno investito Egitto, Siria, Libia, Tunisia e che non sono comunque riuscite ad attecchire nei paesi cardine dell’Islam “tollerante” (la Giordania nel Mashrek e il Marocco nel Maghreb). La tattica usata nei confronti dei paesi musulmani «tiepidi» del Mashrek e del Maghreb, è semplice: tenerli sulla corda con una continua minaccia di attentati e un costante tentativo di infiltrazione di imam radicali che costringe quei paesi ad un notevole sforzo economico per contrastare tale minaccia.
  • E poi in direzione dell’Europa dove sono incistate numerose comunità che praticano un islam militante in seno alle quali vige la Shari’a spesso in barba alle norme laiche vigenti. Ecco spiegato il perché dello sbaraccamento di Isis/Daiish dalla regione dello Shamm e il suo radicarsi nel Sahel-Sahara. Qual posto migliore per «attaccare» sia i paesi dell’area del Maghreb considerati reprobi, sia i paesi europei partendo dal loro «ventre molle», ossia un’Italia che non ne vuol sapere di impedire l’accesso alle sue coste del sud?

Punto quarto: perché dobbiamo preoccuparci dell’Islam militante

Sorge un pressante interrogativo: dobbiamo dunque preoccuparci? Direi proprio di SI! Dobbiamo preoccuparci soprattutto perché l’islamismo integralista militante, per intenderci: quello che sottotraccia tira le fila dell’Islam politico e di quello dedito al jihad, che ha dato il via alle Primavere arabe e che ha sovvenzionato ISIS/DAIISH, dispone di ingenti mezzi finanziari ed energetici e anche di “capability” militari stante l’esperienza maturata nella guerra asimmetrica a partire dal Gia algerino (1994), fino ad Al Qaida (2001) e alla più recente formazione jihadista internazionale che è Isis/Daiish (2011)…

Preisazione:

Assumiamo che: prima Al-Qaida, e prima ancora il Gia algerino con le sue metastasi, e adesso Isis/Daiish e chissà quale altra sigla ancora ci toccherà registrare, sono teste di una stessa «idra», quella dell’Islam integralista militante che ha il suo quartier generale nei paesi del Golfo e il suo megafono nella rete tv El Jazira.

Non sottovaluterei nemmeno la presenza di un esercito, quello turco, che fa capo al Fratello musulmano Erdogan e che, paradosso dei paradossi, è organico alla Nato e che dispone di una rinnovata e potenziata marina militare che incrocia ora nel Mediterraneo come ai tempi della battaglia di Lepanto del 1571.

Ricordiamo che dalla sconfitta di Lepanto in poi il Patron della pirateria moresca, il temibile Dragut, si era ritirato nei porti tra il sud della Tunisia e il nord della Libia e la pirateria moresca nel Mediterraneo è andata spegnendosi solo nel XVIII secolo, tuttavia, gli scafisti potrebbero, in salsa diversa, rinverdire quei fasti.

Punto quinto: Isis/Daiish si è trasferita nel Sahelo-Sahara

Adesso, Isis/Daiish si è trasferita nel Sahelo-Sahara nell’intento di coagulare intorno a sé i vari gruppi jihadisti algerini, tunisini, libici al fine di:

  • minacciare direttamente i paesi del Maghreb in cui si professa un Islam “tollerante”;
  • fare della Libia e dalla Tunisia dei “sorgitori” per minacciare direttamente anche noi con attacchi costieri nella tradizione della pirateria moresca;
  • islamizzare il movimento laico Polisario ormai negletto dall’Algeria e in cerca di una identità;
  • e, dopo aver stabilito accordi/intese col nigeriano Boko Haram, realizzare una sorta di “muslim land” che dall’Atlantico, lungo la fascia Sahelo-Sahariana, raggiunge l’Oceano Indiano ricongiungendosi con il gruppo jihadista somalo Al Shabab.

Ambiziosetto come progetto? Si, ma non dimentichiamo che era ambizioso anche il progetto di realizzare un’entità statuale jihadista come per alcuni anni è stata realizzata nello Sham.

E dallo Sham quella entità statuale ha sbaraccato e si è installata e si sta consolidando nel Sahelo Sahara a due passi da noi. Conviene prendere atto di questa minaccia ed agire di conseguenza per mitigarne il rischio.

I nostri OIS stanno sicuramente già facendo il loro dovere, e così pure le nostre Forze dell’Ordine e, compatibilmente con i legacci normativi, l’ignavia e la ignoranza dei nostri politici, quella minaccia è tenuta sotto controllo e il rischio che ne deriva è mitigato, ma è opportuno che la popolazione tutta si renda conto di quanto sta bollendo in pentola.

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