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Muslim ban, Trump firma il nuovo bando ma tiene fuori l’Iraq

Muslim ban, Trump firma il nuovo bando ma tiene fuori l’Iraq

06 Marzo 2017 0 Di Pietro Nigro

Il presidente Usa Donald Trump firma la nuova versione del Muslim ban, il nuovo provvedimento anti terrorismo che limita l’ingresso negli Usa per i musulmani. Ma l’iIraq è stato escluso dalla lista.

Muslim ban, Trump firma senza l’Iraq

Un nuovo ordine esecutivo con i provvedimenti contro il terrorismo, per la sicurezza interna degli Stati Uniti e soprattutto il Muslim ban, le norme più restrittive per l’accesso dei musulmani negli Stati Uniti. Dopo la bocciatura in tribunale, ma anche alla cerimonia degli Oscar e in tante altre occasioni, del provvedimento precedente, Donald Trump ci riprova e firma una nuova versione del testo. Ma soprattutto una nuova lista di “Paesi a rischio”, che da sette scendono a sei perché l’Iraq è stato depennato.

Il provvedimento, che entra in vigore il 16 marzo, vieta dunque il visto d’ingresso per soggiorni di 90 giorni ai cittadini di sei Paesi a maggioranza musulmana: Iran, Libia, Siria, Somalia, Sudan e Yemen. Il provvedimento non riguarda invece coloro che già hanno permessi di soggiorno di lunga durata negli Stati Uniti, come la Carta verde, né i rifugiati che abbiano già avuto il permesso di ingresso. Il testo del Muslim ban, inoltre, include una articolata casistica di situazioni in cui il permesso di ingresso può essere concesso, come nel caso dei ricercatori dei medici, degli studiosi e così via.

Nel provvedimento precedente, invece, si vietavano sia i permessi di ingresso di 90 giorni sia quelli di 120 giorni riservati ai profughi. Ai profughi dalla Siria inoltre era imposto il divieto permanente di ingresso, che è scomparso nella nuova formulazione de decreto.

Il nuovo muslim ban rientra in un pacchetto di misure di sicurezza con cui Trump vuole migliorare la sicurezza interna e elevare le difese contro i rischi provenienti dal terrorismo di stampo islamista.

E con la nuova formulazione, Trump spera di non provocare i disagi che si sono visti in aeroporto con il precedente bando, il 27 gennaio scorso, e soprattutto cerca di evitare le due dozzine di ricorsi che sono stati presentati in vari tribunali degli Stati Uniti finché un giudice di Washington ha definitivamente affossato il decreto.

“E’ dovere solenne del presidente proteggere il popolo americano – ha detto ai giornalisti il segretario di Stato Rex Tillerston per cercare di motivare il provvedimento – Poiché le minacce alla nostra sicurezza continuano ad evolversi e cambiare, il buon senso ci impone di aggiornare continuamente i sistemi a cui ci affidiamo per difendere il nostro paese”.

Rispetto all’altro provvedimento, il nuovo ordine presidenziale elimina l’Iraq dalla lista dei Paesi a rischio, e ciò perché nel frattempo le autorità irachene, che collaborano con gli Usa nella coalizione contro l’Isis, hanno anche introdotto nuove procedure di controllo e di condivisione dei dati di sicurezza. E’ notorio, inoltre, che un gran numero di iracheni, che negli anni scorsi hanno combattuto con le truppe Usa, hanno poi ottenuto l’autorizzazione a trasferirsi negli Stati Uniti.

Ma soprattutto, è stato formulato in modo da rendere più agevole la difesa dell’amministrazione nel caso in cui anche questa volta ci saranno ricorsi in tribunale. Caso che viene dato per certo, perché se il provvedimento “è un divieto annacquato, sempre divieto è” come dicono dall’opposizione democratica, ed è assai probabile che anche questa volta i giudici avranno un gran da fare.

 

 

 

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