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Guerra all’Isis in Afghanistan, gli Usa lanciano la madre di tutte le bombe

Guerra all’Isis in Afghanistan, gli Usa lanciano la madre di tutte le bombe

14 Aprile 2017 0 Di Redazione In24

Trump riprende la guerra all’Isis in Afghanistan e lancia la madre di tutte le bombe, la Gbu-43. E’ il più grande ordigno non nucleare a disposizione.

Trump lancia la Madre di tutte le bombe

Dopo aver bombardato la Siria, e dopo aver schierato le navi da guerra davanti alla Corea del Nord, Donald Trump rilancia anche la guerra all’Isis in Afghanistan. Oggi è stato bombardato un possibile rifugio di guerriglieri con la più grande bomba non nucleare a disposizione degli americani, Gbu-43. Che è stata subito ribattezzata la Madre di tutte le bombe.

Il bombardamento è avvenuto oggi, alle 19 ora locale, in una regione nella parte orientale dell’Afghanistan. Il potente ordigno, il più grande mai usato in combattimento, è stato lanciato in una zona disseminata di grotte, che secondo i servizi di intelligence Usa sono usate dai militanti dello Stato islamico.

A quel che se ne sa, è la prima volta che gli Usa hanno utilizzato una bomba di tali dimensioni, almeno in combattimento.

A lanciarla, un aereo MC-130 che ha sorvolato il quartiere Achin nella provincia di Nangarhar, vicino al confine con il Pakistan, secondo quanto riferito dal portavoce del Pentagono Adam Stump.

La “Madre di tutte le bombe“, la Gbu-43 è un ordigno di 21.600 libbre, pari a 9.797 chilogrammi, ed è dotata di un dispositivo di guida che sfrutta il Gps. I primi esemplari  sono stati testati dalle Forze armate Usa nel marzo del 2003, pochi giorni prima che iniziasse la guerra in Iraq.

Il generale John Nicholson, il comandante delle forze americane e del contingente internazionale in Afghanistan, ha spiegato che le grotte, note anche come Isis-K, nascondono bunker abitati da miliziani dello Stato islamico.

Inoltre, si tratterebbe della bomba più adatta per colpire quel genere di obiettivi, magari anche al di sotto della superficie.

Al momento non è chiaro se e quali danni la bomba abbia effettivamente provocato ai miliziani. Ma intanto Donald Trump ha salutato il bombardamento come una “missione di grande successo”.

In ogni caso, il bombardamento viene visto come la conferma che Trump vuole cambiare regime rispetto a Barack Obama, e “mostrare i muscoli” anche contro l’Isis, come aveva detto in campagna elettorale.

“Se notate c’è una enorme differenza tra le ultime otto settimane e gli ultimi otto anni”, ha detto Trump ai giornalisti alla Casa bianca.

L’Isis controlla quasi tutto l’Irak e parte della Siria. E diversi gruppi di miliziani legati al vecchio regime dei talibani o allo Stato con la bandiera nera hanno anche conquistato larga parte dell’Afghanistan e tengono in scacco le truppe internazionali, che comprendono 8.500 soldati americani e contingenti di vari paesi.

Tutti questi gruppi armati in genere prediligono azioni di guerriglia, e colpiscono pattuglie o soldati isolati, o altri obiettivi limitati, prima di dileguarsi tra le asperità delle montagne.

Secondo gli osservatori americani, il governo filo occidentale e la sua polizia non controllano più del 60 per cento del paese: tutto il resto è in mano ai miliziani, che sarebbero tra i 700 e i 1.500 e che hanno basi e rifugi proprio nella zona bombardata oggi.

Di qui l’intenzione di Trump di abbandonare del tutto le strategie attendiste e moderate di Obama e di avviare attacchi più massicci contro l’Isis. E non è escluso che possa mandare anche qualche altro migliaio di soldati, Usa o degli alleati, necessari a rinforzare il contingente attuale.

 

 

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