Contenuto Pubblicitario
Guerra in Ucraina, Papa Francesco invoca il negoziato: “Vi è carestia di pace”

Guerra in Ucraina, Papa Francesco invoca il negoziato: “Vi è carestia di pace”

29 Novembre 2022 0 Di Pierfrancesco Maresca

Il Pontefice ribadisce la sua disponibilità per raggiungere la pace in Ucraina. L’ accordo di Parigi del 1973 potrebbe servire da “esempio” . Ma anche altri soggetti potrebbero aspirare a ciò, dalla Francia alla Turchia.

 All’indomani della crisi del missile piovuto in Polonia, Papa Francesco dall’altare della cattedrale di Asti ha invocato il suo desiderio per quanto concerne la guerra in Ucraina, parlando di “carestia di pace“. Infatti ha sempre spinto per la strada del dialogo. Ma il Pontefice è andato anche oltre, parlando di adoperarsi affinché il conflitto che persevera nell’Europa dell’est possa giungere all’epilogo.

Papa Francesco a lavoro per giungere ad una pace in Ucraina

Il Pontefice ha infatti aggiunto ad un’intervista a La Stampa che  “la Segreteria di Stato del Vaticano lavora e lavora bene e sta valutando qualsiasi ipotesi e dando valore a ogni spiraglio che possa portare verso un cessate il fuoco vero, e dei negoziati veri“. Pertanto si lavora all’interno delle stanze per favorire un accordo tra le parti belligeranti. Nel corso del conflitto, più volte il Vescovo di Roma si è pronunciato a riguardo, condannando l’aggressore ma anche l’atteggiamento dell’Occidente come la corsa al riarmo, ovvero l’aumento della spesa militare in rapporto al Pil.

 

Il punto di forza del Vaticano

Il Santo Padre vanta una posizione peculiare rispetto agli altri leader politici. Infatti è Capo di Stato ed autorità spirituale internazionale al tempo stesso, inoltre è riuscito a riallacciare un dialogo dopo quasi 1.000 anni con la Chiesa ortodossa russa. L’incontro che si svolse a Cuba nel 2016, Paese ritenuto “neutrale” dalle due Chiese,  con il patriarca russo Kirill I, sancì un successo politico per il Vaticano culminato nella firma di una dichiarazione congiunta.
E Kirill, per via dei suoi legami politici stretti col presidente russo Vladimir Putin, potrebbe rappresentare la chiave di volta tra Russia ed Occidente, una via per raggiungere una tregua qualora non dovesse riuscirci direttamente con il Cremlino.

L’esempio del Vietnam per la guerra in Ucraina

Negli anni Settanta venne scelta la città di Parigi, non a caso la capitale dell’ex colonizzatore, come sede della conferenza di pace per la fine della guerra del Vietnam.
In tale occasione si decise di utilizzare un tavolo rotondo e non rettangolare, come arredo per i colloqui, particolare sconosciuto ai più. L’obiettivo era evitare che ci fosse un “capotavola”, dove di consuetudine siede un’autorità ritenuta tale rispetto agli altri convitati. Una forma rotonda avrebbe indotto psicologicamente a ritenere tutti i presenti “identici”, ciò alla luce anche della sensibilità socialista di alcuni di essi. Pur di raggiungere l’obiettivo si era scelto di far perno anche su tale aspetto, riprendendo un’icona del mito medievale di re Artù.
Intorno alla tavola parigina vi sedevano gli Stati Uniti, i governi del Vietnam del Sud e del Nord, ed infine le Forze di liberazione del Sud meglio note come Vietcong. A fungere da mediatore vi era una figura dotata di competenza, ovvero il Segretario di Stato statunitense Henry Kissinger che più tardi avrebbe disteso e normalizzato i rapporti diplomatici con un altro soggetto politico asiatico, la Repubblica popolare cinese.

Una possibile riedizione della “tavola rotonda”

L’accordo, che venne raggiunto, non mise fine al conflitto, tuttavia gettò le basi per un graduale processo ed una de-escalation che avrebbero condotto a tale esito attraverso il disimpegno degli Stati Uniti.

Anche nel caso dell’Ucraina sarebbe eccessivo pretendere una pace nel breve periodo, ma  non un cessate il fuoco. Per ottenere tale risultato sarebbero necessari gli stessi “elementi” sopra citati: un mediatore dotato di competenza, una sede estera simbolicamente riconosciuta dalle parti ed una tavola rotonda, ovvero creare le condizioni dove la parte “antagonista” si senta a proprio agio. Il Pontefice, e la città-Stato del Vaticano, potrebbero rispecchiare tali “requisiti”.

Gli altri papabili negoziatori, da Parigi ad Ankara

Lungo è l’elenco dei Paesi che si sono mostrati disponibili a fungere da mediatore, in ultimo la Thailandia. Tuttavia sarebbe opportuno che a ricoprire tale ruolo sia un Paese europeo, più “remoto” geograficamente e politicamente in modo tale da dimostrare la propria leadership.

Ad esempio la Francia di Emmanuel Macron, presidente che tanto si è speso – con tanto di voli in Russia e varie telefonate al suo omologo russo – per evitare l’aggressione, sia prima sia dopo. La Francia è un Paese sia Ue sia Nato, ma anche una Potenza nucleare e Versailles, poco distante Parigi, è stata sede dei trattati al termine della Prima guerra mondiale.

Oppure la Turchia, altro Paese membro dell’Alleanza atlantica che intrattiene anche rapporti con Mosca, vedasi l’acquisto dei sistemi S-300, nonché Potenza emergente nel Mediterraneo orientale che già si è spesa, diplomaticamente, per l’accordo sul grano.

Tra le sedi idonee e simboliche vi sarebbero Malta, località dove si svolsero i colloqui tra Usa ed Urss nel 1989, oppure Pratica di Mare ( Roma), dove nel 2002 il premier italiano Silvio Berlusconi riuscì ad “avvicinare” Nato e Russia.

Opportuno, infine, sarebbe lasciare ai margini la Cina, un Paese che con successo sta riuscendo ad espandere la propria influenza nel continente europeo. Un’esigenza geopolitica, quindi, quella di evitare che Pechino possa raggiungere un nuovo primato, dopo quello economico-finanziario.

Contenuto Pubblicitario
Banner Istituzionale Italpress 666x82