Iperuricemia, da enzimi di pesce la nuova cura scoperta all’università di Parma
22 Giugno 2017Ricerca dell’Università di Parma sull’uso sostitutivo di enzimi del pesce zebra apre la via a nuove terapie per iperuricemia e malattia di Lesch-Nyhan.
Iperuricemia, nuove cure da enzimi di pesce
Iperuricemia, o eccesso di acido urico nelle cellule del sangue. Una malattia antica, o meglio una disfunzione, che dà origine a molte patologie, e che ci accomuna alle scimmie. E’ nel corso dell’evoluzione delle grandi scimmie, infatti, circa 20 milioni di anni fa, che si sono verificate quelle mutazioni genetiche che ci hanno fatto perdere quei tre enzimi in grado di degradare l’acido urico e trasformarlo in un composto facile da liquidare attraverso le vie urinarie.
Da allora, scimmie umanoidi e uomini tendono ad accumulare acido urico molto più degli altri animali, e in alcuni casi si ritrovano con un eccesso di questa sostanza nelle cellule del sangue. Il che è all’origine di tante patologie, come lo sviluppo della gotta e i calcoli renali, ed è associato ad altre comuni patologie come obesità e rischio cardiovascolare.
Esiste poi una particolare e rara patologia genetica, la sindrome di Lesch-Nyhan, legata ad un’ulteriore mutazione di un enzima del riciclo delle purine. Questo difetto genetico si manifesta con l’insorgenza precoce di iperuricemia grave accompagnata da deficit neurologici per i quali non esiste ancora una cura.
Fino ad ora, si è fatto ricorso a terapie che si basano soprattutto sul blocco della formazione dell’acido urico, che però produce effetti collaterali dovuti all’accumulo dei suoi precursori.
Inoltre, in generale, i difetti del metabolismo che sono alla base di varie patologie, vengono corretti attraverso la somministrazione di proteine con attività enzimatica: in pratica, si cerca di “rimpiazzare” una funzione carente nell’organismo.
Tutti i farmaci utilizzati per la “terapia enzimatica sostitutiva” nell’uomo sono basati su singoli enzimi. Tuttavia, per svolgere funzioni complesse possono essere necessari più enzimi che funzionano in modo coordinato in una via metabolica.
Ma ora arriva una ricerca condotta da una equipe dell’università di Parma e finanziata dalla Fondazione Telethon che apre una nuova strada nella somministrazione “multipla” di enzimi nell’uomo.
I ricercatori che hanno condotto lo studio hanno contribuito a chiarire il meccanismo d’azione degli enzimi responsabili della “via degradativa” dell’acido urico. A quel punto si è pensato anche di proseguire le ricerche tentando di ricostituire l’intera via metabolica. E poiché è da venti milioni di anni che gli antenati dell’uomo hanno perso quegli enzimi, si è pensato di cercare un valido sostituto tra gli enzimi di altre specie.
In realtà, enzimi provenienti da altre specie non possono essere somministrati direttamente nell’uomo, perché verrebbero rapidamente degradati e darebbero origine a reazioni antigeniche.
Per questo, i ricercatori dell’università di Parma, coordinati da Riccardo Percudani del dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale, e da Stefano Bettati del dipartimento di Medicina e Chirurgia, sono riusciti a ottenere i tre enzimi in forma ricombinante, a partire dai geni di un pesce modello, il pesce zebra (Danio rerio), e a rivestirli con un polimero biocompatibile che ne prolunga la durata in circolo e li rende invisibili al nostro sistema immunitario.
I risultati di questo studio, che saranno pubblicati sul numero di luglio della rivista Pharmaceutical Research, organo ufficiale della American Association of Pharmaceutical Scientists, per ora sono riusciti a dimostrare la piena funzionalità in vitro dei tre enzimi “mascherati”. Ora si procederà con la fase successiva dello studio: test in vivo su animali da laboratorio che riproducono le stesse mutazioni responsabili delle patologie umane. Un passo avanti importante, in vista del successivo utilizzo sull’uomo.