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Pisa, Palazzo reale oltre al grande classico

10 Giugno 2016 0 Di Patrizia Russo

Oltre al grande classico, come Piazza dei Miracoli, musei, palazzi storici nascosti e ancora poco visitati. Come Palazzo reale. Pisa ha un fascino riservato e pregevole. Da scoprire senza fretta.

Pisa: oltre al grande classico, il Palazzo reale

Famosissima in tutto il mondo per la straordinaria bellezza e unicità di Piazza dei Miracoli, Pisa è anche altro. Ma non si svela al primo e veloce sguardo del turista di passaggio. La bellezza della città, quella vera, va scoperta passo dopo passo, senza fretta, allontanandosi proprio dalla famosa, ma caotica perché invasa da turisti, Piazza per camminare sui lungarni, trovare ristoranti e negozi nascosti in vicoli e piazzette. E infine scoprire il Museo nazionale di Palazzo reale, i cui depositi sono stati eccezionalmente aperti in questi giorni per un sopralluogo della commissione Cultura del Comune di Pisa con una guida d’eccezione, Alba Maria Macripò, la direttrice del Museo nazionale di San Matteo e di Palazzo reale.

Adagiato sul Lungarno Pacinotti, e per secoli dimora delle dinastie che hanno governato Pisa, è il frutto dell’intervento architettonico voluto alla fine del XVI secolo da Francesco I de’ Medici.

La prima tappa di questa eccezionale visita è la sala degli Arazzi, recentemente allestita con l’installazione di nuovi manufatti tessili da poco restaurati e che verranno aperti al pubblico il 18 giugno prossimo. L’ampia sala, oltre ai due grandi arazzi del ‘500, che rappresentano scene di caccia (alla lepre e al coniglio, espone un arazzo raffigurante lo stemma mediceo, un ritratto di Eleonora di Toledo con il figlio realizzato dal Bronzino intorno al 1549 e due abiti dell’epoca, oltre ad un altro arazzo raffigurante lo stemma dell’unione delle famiglie Savoia e Della Rovere.

Il Palazzo reale di Pisa è un esempio di collezionismo cittadino, perché alla raccolta degli antichi armamenti del Gioco del Ponte, spettacolo cittadino di tradizione medievale che si svolge ancora ogni anno sull’attuale Ponte di Mezzo, si trovano numerosi ritratti medicei e lorenesi, alcuni realizzati da grandi artisti quali Bronzino e Tempesti. Vi sono inoltre esposti arredi di grande raffinatezza appartenuti ai Medici, ai Lorena e ai Savoia.

Importanti raccolte, frutto di doni ed acquisizioni, accrescono il museo per sezioni specifiche: il lascito Ceci, ad esempio, permette la fruizione di un congruo gruppo di quadri fiamminghi e italiani (XVI-XVIII secolo), di mobili antichi e di preziose ceramiche di produzione italiana ed inglese.

Ed anche la visita ai depositi rivela moltissime opere d’arte provenienti da chiese del territorio, in particolar modo dalla chiesa di Sant’Antonio in Qualquonia, gravemente danneggiata durante la Seconda guerra mondiale. In attesa di essere restaurate, nei depositi queste opere vengono ordinate e schedulate. La scheda utilizzata è la OA – Opera e oggetto d’Arte – che prevede la foto e la descrizione dell’opera, il report sullo stato di conservazione e l’indicazione dei vari interventi di restauro.

Il Museo è attivo dal 1989, ma nonostante l’incremento delle visite avute, circa cinquemila visitatori nel corso dell’anno solare, e importanti modifiche per facilitare la visita come l’inserimento di didascalie lunghe per meglio informare il visitatore, tradotte anche in inglese, l’inserimento di un percorso obbligato e la creazione di mappe orientative, ancora oggi non è inserito nel circuito del turista.

È doveroso sottolineare che i numeri sono, per l’appunto, numeri. Un museo poco visitato non è più brutto degli altri, forse è poco conosciuto. In questo caso complice potrebbe essere il ridotto orario di apertura (la mattina dal lunedì al sabato, con esclusione del martedì e dei festivi) e una forte concorrenza con il “fratello”, il Museo nazionale di San Matteo, che attualmente è sede della raccolta artistica più ampia delle città (ceramiche medievali, vasellame medievale e di età moderna, monete e di sigilli medievali, sculture lapidee che comprendono opere dal Medioevo al Cinquecento, tra cui spiccano testimonianze del periodo “romanico” e i capolavori di Nicola Pisano e Donatello).

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