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Venezuela, Maduro spara per frenare l’invasione di aiuti umanitari

Venezuela, Maduro spara per frenare l’invasione di aiuti umanitari

24 Febbraio 2019 0 Di Pietro Nigro

Venezuela, Nicolas Maduro ordina all’esercito di sparare per bloccare l’arrivo di auti umanitari: “Sono una ingerenza degli Usa”. Due manifestanti uccisi. E Guaidò chiede aiuto agli Usa.

Venezuela, Maduro ferma gli aiuti umanitari con l’esercito

E così, il presidente Nicolas Maduro passa ai fatti. L’uomo che ha riconquistato il potere con elezioni di molto dubbia regolarità ha dato ordine all’esercito, rimasto in maggioranza a lui fedele, di bloccare con ogni mezzo l’invasione di aiuti umanitari, camion di cibo e medicine di cui la popolazione ha urgente bisogno, in arrivo dalla Colombia. Ciò perché, come ha detto il dittatore, quegli aiuti arrivano dagli Usa e sono quindi un segno della loro ingerenza.

E i soldati, che da settimane presidiano la frontiera con la Colombia, nei pressi delle città di Sant’Antonio e di Urena, non solo hanno respinto con la forza l’arrivo delle autocolonne, ma hanno anche sparato sulla folla.

In quelle città, infatti, centinaia di cittadini venezuelani, e tra loro diversi parlamentari, hanno manifestato per invocare il passaggio delle colonne di aiuti. Al grido di Libertà, e sventolando striscioni e bandiere, la folla si è avviata in corteo verso la frontiera per pressare il cordone di truppe e consentire il passaggio dei camnio, ma senza riuscirci.

I manifestanti di Urena hanno anche barricato le strade con pneumatici in fiamme, hanno fatto scoppiare un autobus e lanciato pietre alle truppe.

Ma lo scontro è stato inutile: i camion carichi di alimenti e medicine statunitensi sono stati costretti a fare dietrofront: almeno sei dei dodici camion che hanno cercato di raggiungere il Venezuela sono tornati a Cucuta, dove l’agenzia di gestione delle calamità della Colombia ha detto che gli aiuti sarebbero stati scaricati e conservati fino a quando il leader dell’opposizione, nominato capo provvisorio del governo, non ne reclamerà di nuovo l’invio.

Intanto, gli uomini della Guardia Nazioale, fedeli a Maduro hanno sparato con lacrimogeni e proiettili di gomma contro la folla per disperderla. Alcune immagini prese dai reporter delle agenzie mostrano almeno una dozzina di uomini, in abiti civili e con il volto coperto, che a bordo di motociclette, hanno sparato verso la folla con armi vere, fucili e pistole, e proiettili veri.

Alla fine dello scontro, dunque, decine di persone sono cadute a terra ferite con colpi di arma da fuoco, secondo alcune fonti locali almeno una trentina, e almeno due persone nella città di Santa Elena de Uairen sono state uccise. Le autorità colombiane hanno invece riferito di almeno 285 persone ferite, sia da arma da fuoco che da lacrimogeni.

Anche due autocarri hanno preso fuoco e sono stati distrutti dalle fiamme, mentre la folla ha cercato disperatamente di salvare almeno qualche cassa di preziosi medicinali. Intanto, altre due persone, venerdì scorso, una coppia sposata in una vicina comunità indigena, sarebbe stata uccisa dalle forze di sicurezza.

In un’altra parte del Paese, posto al confine con il Brasile, sembra che almeno due camion siano riusciti a passare la frontiera, ma non il checkpoint doganale.

Intanto, il governatore di Portorico Ricardo Rossello ha fatto sapere che una nave da guerra venezuelana ha minacciato di aprire il fuoco contro la nave carica di aiuti umanitari che Portorico ha inviato in Colombia, e che è perciç ritornata in patria. “Questo è inaccettabile e vergognoso – ha detto Rossello in una dichiarazione – Abbiamo anche notificato i nostri partner nel governo degli Stati Uniti riguardo a questo grave incidente”.

Invece, alcuni appartenenti alle forze armate cominciano ad abbandonare il dittaore Maduro al suo destino. Più volte, infatti, Guaidò ha fatto appello ai militari, che vivono le stesse privazioni economiche del resto della popolazione, perché lasciassero passare gli aiuti in arrivo. E dozzine di soldati hanno accettato la sua offerta: un video sui social media ha mostrato alcuni reparti che hanno abbandonato il loro posto e hanno guidato i veicoli corazzati contro lòe barricate di metallo, attraverso un ponte che collega Venezuela e Colombia, per poi fuggire verso il lato colombiano della frontiera. “Quello che abbiamo fatto oggi, l’abbiamo fatto per le nostre famiglie, per il popolo venezuelano”, ha detto uno dei disertori in un video trasmesso da un programma di notizie colombiano.

Secondo un comunicato dell’ente pubblico Migraciones Colombia, sarebbero 61 in totale i membri delle Forze Armate venezuelane che hanno disertato e cercato rifugio in Colombia. Le diserzioni si sono registrate principalmente nel dipartimento colombiano di Norte de Santander, davanti allo Stato venezuelano di Tachira – dove ieri si sono concentrati gli scontri per impedire l’ingresso degli aiuti umanitari sui ponti che uniscono i due paesi – con 53 casi registrati, compresi i tre agenti della Guardia Nazionale che hanno sfondato le barriere poste sul confine con un blindato. E sono in totale 18 gli uomini della Guardia Nazionale che si sono rifugiati in Colombia, due dei quali lo hanno fatto insieme alle loro famiglie.

Guaidò chiede agli Usa di considerare ogni opzione

E il precipitare degli eventi ha spinto anche il leader dell’opposizione, Juan Guaidò, a passare oltre: “Gli eventi di oggi mi costringono a prendere una decisione: proporre formalmente alla comunità internazionale che dobbiamo avere tutte le opzioni per garantire la libertà del nostro paese”, ha scritto su Twitter.

Gli Stati Uniti sono il ​​principale sostenitore straniero di Guaido, il leader dell’opposizione in Parlamento che in nome della Costituzione del Venezuela ha assunto la presidenza ad interim del paese per arrivare ad organizzare nuove elezioni e la cui legittimtà è stata riconosciuta dalla maggior parte delle nazioni occidentali.

Guaidò dovrebbe partecipare lunedì ad una riunione del “Gruppo di Lima” a Bogotà, dove è atteso anche il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence, durante il quale si potrebbero decidere ulteriori forme di pressione sul regime di Maduro. Washington in particolare potrebbe proporre ulteriori sanzioni economiche, oltre quelle già adottate con il blocco delle esportazioni di petrolio. A sua volta, consigliere della sicurezza nazionale di Trump, John Bolton, ha scritto su Twitter che i paesi che ancora sostengono Maduro “dovrebbero prendere atto di ciò che stanno approvando”, in un rimprovero sottilmente velato a Cina e Russia.

Maduro ha sempre negato che il suo Paese sia ridotto al collasso economico e che ci sia alcun bisogno di aiuti umanitari, che sarebbero invece una forma di ingerenza degli Usa nella politica interna del suo Paese, al pari del sostegno a Guaidò, definito “un fantoccio golpista nelle mani del presidente degli Stati Uniti Donald Trump“.

“Oggi il mondo ha visto in pochi minuti, in poche ore, il peggior volto della dittatura venezuelana – ha detto Guaidò in una conferenza stampa chje si è tenuta in Colombia e a cui ha partecipato anche il presidente colombiano Ivan Duque.

Il gesto, e soprattutto la presenza del presidente colombiano ha provocato l’irritazione di Maduro, che ha accusato Duque di aver consentito agli americani di usare il suo paese come base per attaccare il Venezuela. Per questo, durante una manifestazione organizzata a Caracas sabato, ha annunciato di voler interrompere le relazioni diplomatiche tra Venezuela e “il governo fascista colombiano” ed ha ordinato al personale diplomatico di lasciare il Paese entro 24 ore.

“Cosa pensano le persone venezuelane delle minacce di Donald Trump? Togli le tue mani dal Venezuela. Yankee go home – ha detto Maduro durante la manifestazione ai suoi sostenitori – Ci state mandando cibo marcio, grazie!”.

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